MEMO Covid – 19. Una breve guida sulle possibili implicazioni legali. Considerazioni preliminari e generali

MEMO
Covid – 19.
Una breve guida sulle possibili implicazioni legali.
Considerazioni preliminari e generali

 

 

versione aggiornata 13 Marzo 2020
MEMO
Covid – 19.
Una breve guida sulle possibili implicazioni legali.
Considerazioni preliminari e generali
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IN GENERALE La nuova epidemia di coronavirus (COVID-19), identificata per la prima volta a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019, si è diffusa in dozzine di paesi in tutto il mondo, infettando moltissime persone e causando oramai numerosi decessi. Oltre alle dimensioni umanitarie e di salute pubblica, la propagazione massiccia del Covid-19 solleva complesse questioni legali per le aziende, concernenti, tra gli altri, il diritto del lavoro, il contratto ecc. A tal riguardo, è necessario che le aziende adottino procedure volte a proteggere i propri dipendenti e, allo stesso tempo, la sostenibilità e la continuità del loro business. Inoltre, al fine di garantire la sostenibilità e la continuità del business, è necessario valutare quali siano le circostanze che consentono la risoluzione anticipata di un accordo per cause di forza maggiore dovute alla diffusione del Covid-19. BREVI INFORMAZIONI GENERALI SUL VIRUS COVID-19 In sintesi, è possibile ritenere che il coronavirus sia una malattia respiratoria appartenente alla stessa famiglia del comune raffreddore. In linea generale, sulla base delle informazioni e dei dati attuali, e circa il cinque per cento dei casi è considerato critico, mentre più del due per cento si rivela letale. Gli anziani e le persone con condizioni tali da indebolire il loro sistema immunitario hanno più probabilità di sviluppare sintomi gravi. I sintomi iniziali del Covid-19 non sono diversi da quelli della comune influenza, poiché il virus appartiene alla stessa famiglia. Generalmente, i sintomi del Covid-19 includono tosse, mal di testa, stanchezza, febbre, dolori e difficoltà respiratorie. Il Covid-19 si trasmette principalmente attraverso il contatto aereo o con oggetti contaminati. Secondo i dati e le informazioni attuali, è possibile stimare che il periodo di incubazione va da 4 a 7
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giorni, con una media di sette giorni, anche se non è possibile escludere un periodo di incubazione superiore a 7 giorni. Le Autorità Pubbliche hanno emanato diverse linee guida allo scopo di invitare la popolazione a prendere alcune precauzioni, quali principalmente: a. lavarsi accuratamente e spesso le mani con acqua e sapone, soprattutto dopo aver tossito o starnutito e prima di mangiare; b. evitare di toccare gli occhi, il naso o la bocca, soprattutto con le mani non lavate; c. coprire naso e bocca quando si tossisce o si starnutisce; d. evitare il contatto ravvicinato con persone che presentano sintomi di malattie respiratorie; e. indossare una maschera se si sospetta di essere malati; f. pulire le superfici con disinfettanti a base di alcol o cloro; g. non assumere antibiotici o farmaci antivirali a meno che non siano stati prescritti da un medico.
BREVI INFORMAZIONI SULLA SITUAZIONE ITALIANA Il 31 gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri italiano ha dichiarato lo stato di emergenza di 6 mesi e sta costantemente emanando diverse nuove disposizioni, decreti-legge e provvedimenti d’urgenza, allo scopo di contenere la diffusione del virus e le sue conseguenze. Ad oggi, le principali azioni del Consiglio dei Ministri italiano riguardano il soccorso e l’assistenza alla popolazione potenzialmente colpita dal virus, il rafforzamento dei controlli nelle aree aeroportuali e portuali, il rimpatrio in Italia dei cittadini che si trovano in Paesi a rischio e il rientro in patria dei cittadini stranieri esposti al rischio. Al Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli, è affidato il coordinamento degli interventi necessari per affrontare l’emergenza sul territorio nazionale. Il 4 marzo 2020 il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha firmato un nuovo decreto che prevede misure di contenimento della diffusione del Covid-19.
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Ad oggi, le disposizioni di legge emanate dal Governo italiano per far fronte alla diffusione del Covid-19 sono le seguenti : • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato l’11 marzo 2020, con misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale • Decreto-Legge 9 marzo 2020, n. 14, recante “Disposizioni urgenti per il potenziamento del Sistema Sanitario Nazionale in relazione all’emergenza COVID-19” • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato il 9 marzo 2020, al fine di estendere a tutte le regioni italiane le misure restrittive adottate in forza del Decreto dell’8 marzo 2020 • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato l’8 marzo 2020, recante “Ulteriori misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19 sull’intero territorio nazionale” • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato il 4 marzo 2020, recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale” • Decreto-Legge 2 marzo 2020, n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID 19” • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato il 1° marzo 2020, recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19“ • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato il 25 febbraio 2020, recante “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”
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• Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato il 23 febbraio 2020, recante “Disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.”; • Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, emanato il 23 febbraio 2020, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Oltre le misure già adottate con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020, seguito dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2020, il Governo italiano con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo 2020 ha disposto severe misure di quarantena su tutto il territorio nazionale fino al 25 marzo 2020 per evitare la diffusione del Covid-19. Senza un motivo “grave” non rinviabile, come l’urgenza del lavoro o di questioni familiari, non è permesso alle persone di uscire dalle loro case. Tutte le persone devono restare a casa il più possibile. Le Autorità italiane stanno dando corso a verifiche e sanzioni per chiunque contravvenga alle misure di generale quarantena adottate. Il quadro complessivo è in continua evoluzione sulla base delle misure che il Governo adotta quasi su base giornaliera. Ad oggi, salve ulteriori specificazioni, vanno rispettate le seguenti regole: (i) Occorre restare a casa nella maggior parte dei casi. (ii) Chiunque abbia una febbre superiore a 37,5°C deve rimanere a casa in isolamento, anche se non presenta altri sintomi di infezione virale. (iii) Tutte le scuole, le università, i musei, i locali notturni, le sale da bingo, le palestre, i centri benessere, le piscine e simili edifici pubblici sono chiusi. (iv) Sono altresì sospese le attività commerciali al dettaglio, salvo alimentari, edicole, tabaccai, farmacie. (v) Sono ancora sospese le attività di ristorazione, compresi bar, gelaterie, pasticcerie, barbieri parrucchieri, estetisti; (vi) Restano aperti i servizi bancari, finanziari e assicurativi e le attività agricole e zootecniche e le attività alberghiere. (vii) Le cerimonie civili e religiose, compresi i matrimoni e i funerali, sono vietati.
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(viii) Le chiese restano chiuse. (ix) Le manifestazioni sportive sono state anch’esse sospese. (x) I centri sciistici sono chiusi. (xi) Il lavoro a distanza e le teleconferenze, anziché gli incontri faccia a faccia, sono consigliati “in tutti i casi possibili”. (xii) Gli spostamenti tra le diverse parti del Paese sono limitati ai soli casi strettamente consentiti. Coloro che violeranno le restrizioni potrebbero essere sanzionati anche penalmente e chiunque si sposta dalla propria abitazione è richiesto di rendere un’autocertificazione che, ove fosse accertato che contenesse motivazioni falsi, farebbe scattare un ulteriore sanzione di tipo penale. Al fine di evitare la diffusione del Covid-19 nel resto del Paese, le persone che ritornano dalle zone in cui i contagi sono diffusi, possono incorrere in un periodo di quarantena. COVID-19 E CONSEGUENZE LEGALI ➢ Contratti Commerciali. a) La forza maggiore. La clausola di forza maggiore è una clausola contrattuale, normalmente inserita nei contratti commerciali di lunga durata, che è prevista sia nella disciplina italiana di molti contratti tipici, sia nella prassi commerciale e nei regolamenti internazionali, e mira a prevenire la responsabilità contrattuale delle parti in caso di mancata esecuzione e di inadempimento dell’obbligo contrattuale in caso di “cause di forza maggiore” o di altri eventi straordinari (ad esempio, guerra, sommossa, atto di terrorismo, embargo, provvedimento governativo, regolamento o decreto, ecc.). Per maggiore comprensione, di seguito riportiamo un esempio di clausola di forza maggiore tipo: “Se l’adempimento degli obblighi assunti da una delle Parti con il presente Accordo è impedito, in tutto o in parte, da qualsiasi evento di forza maggiore al di fuori del ragionevole controllo delle Parti – quali, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, incendi, esplosioni, terremoti, inondazioni, controversie sindacali, carenza di manodopera o di materiali, incidenti, morte di una delle Parti – gli obblighi reciproci delle Parti sono sospesi, e le Parti cercheranno di concordare gli opportuni adeguamenti dei rispettivi obblighi in base alle
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circostanze dell’evento verificatosi. Qualora uno o più eventi di forza maggiore continuino a verificarsi in modo tale da impedire alla Parte che ne è colpita di adempiere ai propri obblighi, o qualora le Parti non riescano a concordare gli opportuni adeguamenti dei rispettivi obblighi entro il termine di 30 (trenta) giorni lavorativi dal verificarsi dell’evento o degli eventi di forza maggiore, il presente Accordo può essere risolto (in toto e non in parte), per cause di forza maggiore, da una qualsiasi delle Parti.” E’ opportuno segnalare che il concetto di “forza maggiore”, quale elemento idoneo ad escludere la responsabilità della parte inadempiente è in ogni caso presente nel Codice Civile Italiano. Viene normalmente ricondotto alle fattispecie previste dall’art. 1218 del Cod. Civ., infatti, “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. Ai sensi dell’art. 1256 Cod. Civ., che prevede anche i casi in cui la prestazione sia solo temporaneamente impossibile: “L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia, l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione, ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”. Sicché, ricorrendone i presupposti, la parte di un contratto che ne abbia interesse potrebbe comunque eccepire l’esimente della forza maggiore indipendentemente dalla presenza o meno di una specifica clausola. A tale riguardo, deve anche essere evidenziato che la presenza di una specifica clausola di “forza maggiore” in un contratto, potrebbe avere anche effetti limitativi dell’applicabilità dell’esimente prevista dal Codice Civile, ove la clausola preveda un elenco tassativo delle cause di forza maggiore riconosciute dalle parti (circostanza non inusuale, ad esempio nei contratti di assicurazione). Ai fini dell’applicabilità della clausola o esimente di responsabilità per forza maggiore in caso di verificazione di episodi epidemici et similia, occorre tenere in considerazione quanto segue:
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(i) se l’evento è elencato o potrebbe essere considerato di forza maggiore. A questo proposito, in presenza di una clausola di forza maggiore sarà innanzitutto necessario verificare se la circostanza risulti inclusa o comunque non esclusa dalla clausola. In assenza di una specifica previsione occorrerà verificare se, tenuto conto della circostanza e dell’oggetto del contratto, essa renda effettivamente impossibile la specifica prestazione contrattuale; (ii) se il rischio di inadempimento era prevedibile e avrebbe potuto essere mitigato con l’adozione di diverse azioni od omissioni o con l’adozione di ulteriori cautele; (iii) se l’inadempimento sia derivato da una qualsiasi negligenza o illecito di una parte, che abbia un effetto sostanzialmente negativo sulla responsabilità di tale parte nell’adempimento delle proprie obbligazioni; (iv) se l’adempimento sia divenuto effettivamente impossibile, e non solo impraticabile o più difficile da eseguire, anche da un punto di vista meramente finanziario e/o economico. Con riferimento ai precedenti nn. (ii), (iii) e (iv) di cui sopra, si precisa che la parte che invoca la clausola di forza maggiore deve dimostrare (a) di aver adottato azioni proattive sia per garantire la sicurezza di tutti, sia la continuità delle operazioni commerciali al fine di adempiere agli obblighi contrattuali pendenti, quali, a titolo esemplificativo, assicurare alternati flussi di fornitura in caso di impatto sulle operazioni del fornitore; consentire ai dipendenti di lavorare in forma agile (smartworking); e/o imporre restrizioni per i viaggi di lavoro; (b) che l’evento di forza maggiore non avrebbe potuto essere mitigato attraverso l’adozione di nessuna ragionevole cautela preventiva. Si precisa che, anche qualora le suddette cautele proattive non abbiano efficacemente impedito il verificarsi dell’evento di forza maggiore, ciò sarà sicuramente preso in considerazione in caso di contenzioso per valutare a) l’effettiva possibilità residua di adempiere alle obbligazioni contrattuali dalla parte che invoca la clausola di forza maggiore, e b) se l’adempimento è divenuto effettivamente impossibile con riferimento a tale parte; c) la quantificazione del danno, che è ovviamente diversa a seconda del contratto in questione e/o delle obbligazioni non adempiute. In particolare per quanto riguarda i contratti di assicurazione, suggeriamo di verificare se gli eventi pandemici sono coperti dalla polizza, poiché diverse compagnie di assicurazione, dopo la diffusione della Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS) nel 2002-2003 hanno espressamente escluso le epidemie virali o batteriche dalle polizze standard di interruzione dell’attività e, quindi, tali eventi – anche qualora possano essere considerati, ai sensi del contratto di riferimento, tra gli eventi rientranti nell’alveo della forza maggiore – non sarebbero coperti dai contratti assicurativi.
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In conclusione, seppure in linea di principio, la pandemia in corso sembrerebbe configurare una causa di forza maggiore idonea ad escludere la responsabilità del soggetto obbligato, la complessità della situazione e le specifiche condizioni contrattuali (che ad esempio potrebbero legittimare anche la controparte a sollevare l’esimente di responsabilità per sottrarsi all’adempimento) suggeriscono una attenta e professionale valutazione del caso specifico, piuttosto che un indiscriminato ricorso alla fattispecie della forza maggiore. b) Eccessiva onerosità sopravvenuta. In aggiunta al concetto di forza maggiore il Codice Civile prevede all’articolo 1467 che: “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’art. 1458. La risoluzione non può essere domandata se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto. La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”. In relazione alla possibilità di invocare per una delle parti contrattuali tale eccezione si ricorda che la risoluzione avrà effetto retroattivo tra le parti (salvo il caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica) e che, pertanto, il soggetto per il quale l’adempimento risulti eccessivamente oneroso dovrà provvedere a ristabilire la situazione precedente alla conclusione del contratto fatti salvi gli eventuali diritti di terzi. Ciò posto, anche per questa fattispecie, la complessità della situazione non consente un giudizio univoco per tutti i contratti commerciali e si suggerisce di effettuare una attenta e professionale valutazione caso per caso.
➢ Operazioni di M&A: “Material adverse change” or “Material adverse effect”.
La seconda clausola di interesse è la cosiddetta clausola di “material adverse change” (ossia cambiamenti significativi sostanziali- “MAC”), detta anche clausola di “material adverse effect” effetti significativi sostanziali), comunemente inserita (principalmente ma non esclusivamente) nelle operazioni di M&A, che prevede il diritto per il venditore o per l’acquirente di modificare il prezzo
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della transazione o di recedere dalla transazione stessa nel caso in cui si verifichino gli significativi cambiamenti sostanziali (di cui si parlerà più avanti in dettaglio). Per comodità, di seguito riportiamo un esempio di tale clausola: “In presenza di un significativo cambiamento sostanziale, quale un evento, circostanza, condizione (o una combinazione delle stesse) che si verifichi dopo la sottoscrizione del Contratto e che comporti o comporterà un effetto avverso di almeno Euro [●] sulla passività o sul patrimonio della Società (o le sue targets e controllate), non imputabile, in tutto o in parte, ad atti compiuti o ad omissioni commesse dalla Società (o dalle sue targets e controllate) o con il consenso scritto, o altrimenti autorizzato esplicitamente o implicitamente dall’altra Parte, le Parti cercheranno di concordare gli opportuni adeguamenti del prezzo di acquisto in funzione delle circostanze del cambiamento rilevante o il recesso dal contratto stesso”. Oltre a quanto sopra, un’altra rilevante differenza con la forza maggiore è legata al tipo di evento e agli effetti che ne derivano. Infatti, a differenza degli eventi di forza maggiore (che sono stati ulteriormente dettagliati e definiti sopra), possono essere considerati cambiamenti rilevanti sostanziali tutti gli effetti, eventi, sviluppi o cambiamenti che, individualmente o nel complesso con tutti gli altri effetti, eventi, sviluppi o cambiamenti, sono materialmente negativi per l’affare, i risultati delle operazioni o le condizioni fisiche o finanziarie dei beni immobili o per lo sviluppo dell’azienda complessivamente considerato. Esempi di cambiamenti negativi rilevanti possono essere la perdita di un cliente strategico della società target della quale si intenda acquisire una partecipazione di controllo; uno sconvolgimento inaspettato nel settore della società da acquisire; un factum principis, che riduca la convenienza dell’attività praticata dalla società target; una sostanziale riduzione del patrimonio nel periodo tra la sottoscrizione del contratto di investimento e il closing dell’operazione; la violazione sistematica delle garanzie sottoscritte dalla parte venditrice. Poiché la MAC incide sul valore dell’operazione, si spiega anche perché i rimedi garantiti alle parti non siano, come nel caso della forza maggiore, la sospensione degli obblighi e/o la risoluzione, ma la revisione del prezzo e/o il recesso. Le clausole MAC possono essere utilizzate principalmente in due modi:
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i) per qualificare le dichiarazioni e le garanzie rese dal venditore nel contratto; o ii) come condizione preliminare all’operazione. Si precisa che, a differenza della clausola di forza maggiore, normalmente inclusa in tutti i contratti, la clausola MAC è sempre soggetta a specifiche trattative tra le parti. Per quanto riguarda la possibilità di considerare il Covid-19 come un evento annoverabile all’interno della MAC ai fini in esame – ovviamente, qualora tale disposizione fosse inserita della documentazione contrattuale dell’operazione – non è possibile fare previsioni e/o valutazioni di carattere generale, anche in considerazione dell’incerta durata dell’epidemia in corso e del suo impatto sulle società coinvolte nell’operazione in questione.
➢ Misure per la salute e la sicurezza dei lavoratori In considerazione del principio generale che prevede la necessità di garantire un luogo di lavoro sicuro per i dipendenti, che comprende l’adozione di misure di protezione contro il rischio di malattie infettive, la diffusione del Covid-19 porta di conseguenza i dirigenti e i datori di lavoro ad attuare una strategia per proteggere la salute dei loro dipendenti. A tal fine, i datori di lavoro sono chiamati ad adottare strategie interne allo scopo di minimizzare l’impatto negativo della diffusione del Covid-19 nei confronti dei propri dipendenti e, allo stesso tempo, garantire la continuità dell’attività. A questo proposito riteniamo opportuno raccomandare di:
(i) compiere una valutazione dei rischi finalizzata a garantire buone pratiche igieniche sul luogo di lavoro e a formare dipendenti sui principali fatti e rischi;
(i) informare sui sintomi e sulle misure che i dipendenti sono tenuti ad adottare se sospettano di essere venuti a contatto con qualcuno affetto da Covid-19, nonché sui dettagli del centro medico più vicino attrezzato per affrontare il virus;
(ii) implementare soluzioni di smart working;
(iii) limitare i viaggi dei dipendenti verso destinazioni ad alto rischio, salvo i casi in cui sia assolutamente necessario. In tal caso, questi devono essere informati sulle norme igieniche da
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seguire per prevenire l’infezione, evitare contatti con persone malate o prodotti animali cotti e non, nonché indossare dispositivi di protezione individuale. Il periodo di tempo nel quale il dipendente è tenuto a rimanere lontano dal luogo di lavoro deve essere ragionevole, ovvero, in generale, non più lungo del tempo necessario per stabilire che il virus non è stato comunicato. I datori di lavoro devono esortare coloro che richiedono la quarantena a rispettare le restrizioni previste e a lavorare a distanza o a prendersi del tempo libero. In linea generale, durante qualsiasi periodo di quarantena, ci si attende che i datori di lavoro continuino a corrispondere al dipendente la retribuzione ordinaria e i benefici contrattuali. Infine, è opportuno ricordare le istruzioni del Garante per la protezione dei dati personali, emanate il 2 marzo 2020, relative al trattamento dei dati personali dei dipendenti nell’ambito dell’emergenza Covid-19: ➢ i datori di lavoro devono astenersi dal raccogliere, in anticipo e in modo sistematico e generalizzato, anche attraverso richieste specifiche al singolo lavoratore o indagini non autorizzate, informazioni sulla presenza di eventuali segni di influenza nel lavoratore e nei soggetti a lui più vicini, o comunque riguardanti aree esterne all’ambiente di lavoro (l’indagine e la raccolta di informazioni sui sintomi tipici del Coronavirus e sui recenti movimenti di ciascun individuo sono infatti di competenza degli operatori sanitari e della Protezione Civile); ➢ l’obbligo del dipendente di informare il datore di lavoro di eventuali pericoli per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro è lasciato impregiudicato. A questo proposito, i datori di lavoro possono invitare i propri dipendenti ad effettuare, ove necessario, tali comunicazioni facilitando le modalità di inoltro, anche attraverso canali dedicati; ➢ gli obblighi del datore di lavoro di informare le autorità competenti di qualsiasi modifica del rischio “biologico” per la salute sul luogo di lavoro derivante dal Coronavirus sono lasciati impregiudicati insieme agli altri compiti relativi alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori attraverso il medico competente, come la possibilità di sottoporre i lavoratori più esposti ad una visita medica straordinaria.
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➢ Misure per la gestione del personale. Di seguito è riportata una panoramica delle misure di emergenza per la gestione del personale. Fino al 10 marzo 2020 esistevano diverse misure per i dipendenti che lavoravano nella cosiddetta zona rossa e per quelli impiegati presso datori di lavoro che operavano in aree non coinvolte dalle ristrettive misure di emergenza. Dopo l’emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2020, applicabile dal 10 marzo 2020, tali misure sono state estese a tutti i dipendenti delle regioni italiane. Si riportano di seguito le misure adottate: 1. Esistono procedure più agevoli per richiedere il trattamento ordinario del sussidio salariale o dell’indennità ordinaria per la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa e la cessazione dell’attività.
2. I datori di lavoro del settore privato, compreso quello agricolo, che sono esclusi dagli strumenti di sostegno al reddito previsti dalla legge vigente, possono richiedere il sussidio salariale “in deroga” per la durata della sospensione del rapporto di lavoro e comunque per un periodo di tre mesi.
3. I lavoratori autonomi hanno diritto ad un’indennità mensile pari a 500 euro per tre mesi.
4. Con riferimento ai dipendenti della Pubblica Amministrazione, vengono messi a disposizione strumenti informatici (laptop e tablet) per consentire lo smart working. Per i dipendenti pubblici è previsto che un periodo di malattia o di quarantena o di permanenza domiciliare venga equiparato al ricovero ospedaliero.
Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo 2020, recante ulteriori disposizioni attuative del DL n. 6 del 23 febbraio 2020, vigenti su tutto il territorio nazionale per il periodo dal 12 marzo 2020 al 25 marzo 2020, è stato incentivato il ricorso al lavoro agile nelle Pubbliche Amministrazioni (salvo per le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza), anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi prescritti dalla legge n. 81/2017.
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Con riferimento al settore privato (incluse le attività professionali), è stato raccomandato il massimo utilizzo dello smart-working, nonché:
– di incentivare le ferie, i congedi retribuiti e gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva; – di sospendere le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione; – di assumere protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, di utilizzare strumenti di protezione individuale; – di incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro; – di limitare al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e di contingentare l’accesso agli spazi comuni.
➢ Misure finanziarie. L’Abi (Associazione Bancaria Italiana) e le associazioni collettive di imprenditori hanno firmato l’intesa per la proroga dell’accordo di moratoria firmato nel 2019 a causa dell’emergenza Covid-19 (l’“Accordo”). L’Accordo consente alle PMI (sia in forma societaria che in altre forme imprenditoriali) situate all’interno del territorio italiano, che si trovano ad affrontare temporanee difficoltà finanziarie causate dall’emergenza Covid-19, di proseguire l’attività nel rispetto dell’articolo 1, comma 246, della legge di stabilità 2015 (Legge n. 190/2014 detta “legge di stabilità”). Per potersi avvalere delle suddette iniziative, le PMI devono essere “in bonis”, ovvero solvibili, al momento della presentazione della richiesta. L’impresa è considerata solvibile se non ha posizioni debitorie qualificate come insolvenze, se non si trova in una situazione di probabile fallimento o se ha debiti scaduti o eccedenti il limite per più di 90 giorni. L’Accordo offre la concessione di una nuova moratoria sui mutui contratti dalle PMI, tra cui sia la sospensione che la proroga di quelli in vigore alla data del 31 gennaio 2020. La sospensione per un periodo pari a dodici mesi è concessa per la quota capitale dei rimborsi di mutui a medio-lungo termine, anche mediante cambiali agrarie. La stessa sospensione può essere concessa per la quota capitale dei rimborsi relativi a contratti di locazione finanziaria immobiliare,
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mentre è dimezzata a sei mesi per il leasing finanziario di beni mobili. La sospensione implica la traslazione del piano di ammortamento per un periodo equivalente e gli interessi sul capitale in sospensione sono versati secondo le scadenze originarie. La proroga può riguardare la durata dei mutui, le scadenze dei crediti a breve termine e dei crediti agricoli. Il periodo di proroga massimo per i mutui è pari al 100% del periodo residuo del piano di ammortamento. In ogni caso, il periodo di proroga non può essere superiore a 3 anni per i crediti non garantiti e 4 anni per i mutui ipotecari. Il prolungamento delle scadenze di crediti a breve termine non pagati è pari a nove mesi, mentre per il credito agricolo potrebbe arrivare ad un massimo di 120 giorni. L’Accordo consente di sospendere o prolungare anche i mutui che già ne beneficiavano negli ultimi anni, a condizione che la richiesta non sia stata inoltrata nei ventiquattro mesi precedenti la data di presentazione della nuova richiesta di moratoria. Secondo la legge di stabilità, le moratorie sono concesse sulla base di richieste individuali e non attraverso meccanismi automatici, permettendo così alle banche, a loro discrezione, di rifiutare le domande presentate dalla PMI al termine di un’indagine; infine, la moratoria è accessibile solo alle imprese solvibili, escludendo a priori tutte le PMI che sono già in difficoltà economiche. Le banche devono dare la loro risposta entro 30 giorni lavorativi dalla presentazione della richiesta. Le banche non possono aumentare i costi o i tassi d’interesse o i titoli, ad eccezione delle spese effettivamente sopportate.
➢ Misure fiscali e di sicurezza sociale. L’articolo 2 del Decreto Legge n. 9/2020 prevede la sospensione dei termini previsti per gli obblighi di versamento per le persone fisiche e giuridiche con sede legale e/o operativa negli 11 comuni della “zona rossa”. In particolare, sono sospesi i seguenti versamenti in scadenza nel periodo che va dal 23 febbraio 2020 al 30 aprile 2020: a) versamenti di imposte; b) pagamenti a titolo di ritenute alla fonte;
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c) pagamenti a titolo di contributi previdenziali e assistenziali; d) pagamenti a titolo di ingiunzioni emesse da enti locali; e) pagamenti dei provvedimenti cosiddetti “rottamazione-ter” e “saldo e stralcio”. È espressamente previsto che i versamenti oggetto di sospensione siano effettuati in un’unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione (ossia entro il 31 maggio 2020). Si precisa che, al contrario, sono esclusi dalla sospensione: i) il pagamento della rata, in scadenza il 28 febbraio 2020, dovuta dai contribuenti che si sono avvalsi della procedura per la definizione agevolata delle controversie tributarie (art. 6, Decreto Legge n. 119/2018); ii) il pagamento della rata, in scadenza il 28 febbraio 2020, dovuta per la definizione del verbale di constatazione (art. 2, Decreto Legge n. 119/2018); iii) il pagamento della seconda e ultima rata, in scadenza il 2 marzo 2020, dovuta dai contribuenti che si sono avvalsi delle disposizioni in materia di dichiarazione integrativa speciale (art. 9, Decreto Legge n. 119/2018). Attualmente le misure fiscali sembrerebbero letteralmente applicabili solo agli undici comuni rientranti nella “zona rossa”; cionondimeno, alla luce del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2020 che estende le misure sanitarie a tutto il territorio nazionale, si attende a breve un provvedimento che renda anche le misure fiscali sopra descritte estensibili a tutto il resto del Paese. Inoltre, occorre segnalare che L’Agenzia delle Entrate, mediante il comunicato stampa 12 marzo 2020 n. 17, ha annunciato la sospensione delle attività di “liquidazione, controllo, accertamento, accessi, ispezioni e verifiche, riscossione e contenzioso tributario”, salvo che siano in imminente scadenza. La comunicazione fa seguito alla Circolare 11 marzo 2020 n. 73943, con la quale la Guardia di Finanza ha disposto la sospensione di: ✓ verifiche, controlli fiscali e in materia di lavoro, d’intesa con i contribuenti interessati, fatti salvi i casi di indifferibilità e urgenza; ✓ controlli strumentali;
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✓ attività ispettive antiriciclaggio. In ordine alle altre attività di polizia, viene inoltre precisato che saranno orientate al contrasto delle condotte con carattere marcatamente più illegale e fraudolento ed al contrasto dei fenomeni illeciti correlati con l’emergenza sanitaria in atto (tra cui, ad esempio, le attività di monitoraggio delle misure di cui al DPCM 8.3.2020).
➢ Trattamento dei dati personali nell’ambito dell’emergenza COVID-19.
Secondo l’articolo 14 del Decreto Legge del 9 marzo 2020 n. 14 che introduce misure urgenti per il rafforzamento del Sistema Sanitario Nazionale in relazione all’emergenza COVID-19, fino al termine dell’attuale emergenza sanitaria e al fine di: (1) garantire la protezione contro la diffusione transfrontaliera del COVID-19; (2) garantire l’assistenza sanitaria e la diagnosi per le persone colpite; (3) garantire la gestione generale del Sistema Sanitario Nazionale, ai sensi dell’articolo 9, comma 2, lettere g), h) e i) e dell’articolo 10 del Regolamento UE 679/2016 e all’articolo 2-sexies del Codice della Privacy, i soggetti pubblici autorizzati ad operare nell’ambito del Sistema Nazionale di Protezione Civile, il Ministro della Salute, l’Istituto Superiore della Sanità, gli enti pubblici e privati operanti nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale e i soggetti preposti al controllo delle misure di emergenza già emanate possono trattare i dati personali, anche mediante interscambio e comunicazione reciproca di dati (sia sanitari che relativi a reati per eventuali violazioni delle misure di emergenza). La comunicazione e la diffusione dei dati personali comuni (esclusi i dati sanitari e i dati relativi ai reati) a soggetti pubblici e privati diversi dai soggetti pubblici autorizzati ad operare nell’ambito del Sistema Nazionale di Protezione Civile, il Ministro della Salute, l’Istituto Superiore della Sanità, gli enti pubblici e privati che operano nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale è autorizzata, ove indispensabile, nell’ambito della gestione dell’emergenza sanitaria in corso. Tutti i trattamenti di cui sopra saranno comunque effettuati nel pieno rispetto dei principi di cui all’art. 5 del Regolamento UE 679/2016, adottando specifiche garanzie per i soggetti interessati.
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Gli Enti pubblici autorizzati ad operare all’interno del Sistema Nazionale di Protezione Civile, il Ministro della Salute, l’Istituto Superiore della Sanità, gli enti pubblici e privati che operano nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale, sono autorizzati a:
• omettere l’informativa di cui all’articolo 13 del Regolamento UE 679/2016, comunicando oralmente all’interessato tale limitazione; o
• rilasciare un’informativa semplificata ai sensi dell’articolo 13 del Regolamento UE 679/2016, comunicando oralmente all’interessato tale limitazione;
• dare istruzioni ai soggetti autorizzati ai sensi dell’art. 29 del Regolamento UE 679/2016 e 2-quaterdecies del Codice in materia di protezione dei dati personali mediante modalità semplificate, anche orali. Tutti i soggetti di cui sopra procederanno al trattamento dei dati personali secondo la disciplina ordinaria una volta superata l’attuale emergenza sanitaria in corso.
➢ Normativa ‘emergenziale’ e appalti pubblici. La situazione di emergenza venuta a crearsi in relazione alla diffusione dell’epidemia da COVID-19 avrà un impatto anche sul settore degli approvvigionamenti pubblici (servizi, forniture e lavori). Vengono quindi in rilievo stanziamenti, procedure centralizzate (inter alia, Protezione Civile, Consip e Commissari), accelerate (riduzione termini, procedimenti telematici anche per le offerte) e semplificate per l’acquisto di dispositivi medici, con procedure di somma urgenza / affidamento diretto e per la trasformazione e realizzazione di infrastrutture sanitarie anche a carattere provvisorio, per fronteggiare da un lato il fabbisogno di dispositivi medici, dall’altro la necessità di strutture e posti per la terapia intensiva. L’art. 11 del Decreto Legge n. 14 del 9.3.2020 prevede, infatti, incentivi per la produzione di dispositivi medici e misure di semplificazione per l’acquisto, autorizzando il Dipartimento della protezione civile all’apertura di apposito conto corrente bancario per consentire la celere regolazione delle transazioni che richiedono il pagamento immediato o anticipato delle forniture, sottoscrizione dei relativi contratti, efficacia immediata, definitiva ed esecutiva degli atti e limitata responsabilità contabile e amministrativa dei funzionari, al solo caso di dolo accertato (art. 11, comma 3).
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Parimenti, ex art. 12 del predetto Decreto, per il potenziamento dei reparti di terapia intensiva il Dipartimento della protezione civile, per il tramite di CONSIP S.p.A. è autorizzato ad acquistare mediante affidamento diretto anche in deroga ai limiti di cui all’articolo 163, comma 8, del Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50, cinquemila impianti di ventilazione assistita e i relativi materiali indispensabili per il funzionamento degli stessi. Più in generale, rimane poi salva per le stazioni appaltanti la possibilità di ricorrere a procedure negoziate ai sensi dell’art. 63, comma 2, lett. c) del Decreto Legislativo n. 50/2016 (con le deroghe espressamente previste dall’Ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 630, del 3/02/2020 e ss.mm. e ii.), a norma del quale la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata, inter alia, “nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall’amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati”. A tale proposito, va menzionata la “Procedura negoziata d’urgenza per dispositivi di protezione individuali e apparecchiature elettromedicali destinati all’emergenza Covid-19” indetta da Consip in data 11 marzo 2020, articolata su 18 lotti. Parimenti, rimane ferma la possibilità di “Procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile” di cui all’art. 163 del Decreto Legislativo n. 50/2016. La situazione di emergenza potrebbe anche portare all’adozione di provvedimenti che attraverso la nomina di Commissari straordinari si proporrà come obiettivo quello di accelerare la realizzazione di importanti opere pubbliche bloccate, utilizzando lo stesso modello con cui sono stati assegnati i lavori per la ricostruzione del ponte Morandi di Genova. Le imprese, attraverso le proprie associazioni di categoria, invocano, al contrario, misure idonee a snellire a monte la procedura di gara auspicando una P.A. celere ed efficiente nel rilascio delle autorizzazioni necessarie per avviare i lavori. Per quanto concerne le procedure di gara in corso, va peraltro segnalato che le medesime potrebbero subire un arresto a causa della situazione di emergenza; laddove si tratti di procedure già aggiudicate, le stesse dovrebbero essere contrattualizzate ove eseguibili. Al contrario, qualora i provvedimenti emergenziali non consentano la più ampia partecipazione e concorrenza, esse dovrebbero essere
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sospese ex ufficio o su istanza della impresa. In ogni caso, l’eventuale blocco delle procedure bandite potrebbe comportare la necessità di proroga degli affidamenti in corso ed eventualmente scaduti. Quanto alle modalità di gestione delle sedute pubbliche, le stazioni appaltanti potrebbero valutare, alla luce delle misure di limitazione degli spostamenti di cui ai provvedimenti governativi per il contenimento del rischio di contagio del virus Covid-19 sull’intero territorio nazionale (da ultimo, Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’11 marzo 2020), di svolgere le sedute attraverso modalità partecipative alternative, quali videoconferenze et similia. Riguardo, invece, gli appalti in corso, le misure adottate potrebbero comportare la decisione della stazione appaltante di sospendere i lavori nei cantieri aperti invocando l’art. 1, lett. n) e o) del Decreto Legge n. 6 /2020 (“sospensione delle attività lavorative per le imprese….. sospensione o limitazione dello svolgimento delle attività lavorative nel comune o nell’area interessata”) ove, al contrario, i provvedimenti adottati per far fronte all’emergenza dovessero incidere sulla regolare esecuzione dei lavori per ragione non imputabile all’impresa. Quest’ultima, al fine di evitare di subire la contestazione e applicazione delle penali, evidentemente illegittime, dovrebbe attivare l’adozione di un provvedimento di sospensione temporanea e/o parziale, ai sensi dell’art. 107 del Codice dei Contratti Pubblici (Decreto Legislativo n. 50/2016) facendo leva su circostanze speciali o per cause imprevedibili o di forza maggiore. Inoltre, per quanto concerne i lavori pubblici, facendo seguito alle istanze pervenute da ente rappresentativo delle SOA, l’ANAC, come risulta dal comunicato del Presidente del 4 marzo 2020, ritenute le criticità correlate ai provvedimenti legislativi adottati per il contrasto e la prevenzione della diffusione del virus COVID-19, ha assentito che, per tutti i contratti di attestazione aventi scadenza entro il 31 marzo 2020, la sospensione dell’istruttoria possa estendersi fino ad un massimo di 150 giorni, in luogo dei novanta previsti dall’art. 76, comma 3, del D.P.R. 207/2010, con la precisazione che detta deroga potrà essere disposta per tutte le imprese che ne facciano richiesta, purché aventi sedi legali e operative nelle regioni individuate dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 25.02.2020 (in seguito alla successiva estensione deve ritenersi in tutte le Regioni), o che, ai fini della qualificazione, abbiano esibito dichiarazioni e documenti che devono essere sottoposti al vaglio di Amministrazioni pubbliche di riferimento.
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Tonucci & Partners

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